#Lombardia2030 visione e linee guida per il manifatturiero – Ottobre 2019

Confindustria Lombardia nel 2015 ha presentato un documento con questo titolo. È l’impostazione strategica di medio periodo, quindi nonostante siano trascorsi quattro anni dalla pubblicazione, conserva ancora la sua validità.

Alcuni spunti e riflessioni possono essere utili nel nostro lavoro e questo è il motivo per cui abbiamo deciso di condividerlo attraverso la newsletter. Riportiamo tuttavia delle lunghe considerazioni subito qui sotto.

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Considerazioni a cura del coordinamento:

Il documento che invitiamo a leggere, realizzato da Confindustria, è il frutto di un’elaborazione che ha coinvolto diverse associazioni territoriali di Confindustria, vari comitati e altre associazioni.
Era e rimane un documento ambizioso, contiene le linee guida di Confindustria Lombardia per un medio periodo, redatto nel 2015 vuole accompagnare l’organizzazione verso il 2030.

Come coordinamento riportiamo alcune considerazioni sui seguenti aspetti del documento:

  • La Lombardia rispetto all’Italia
  • Confronto con le altre regioni europee
  • Cultura impresa da promuovere
  • Internazionalizzazione e network europei
  • Il contesto europeo come via d’uscita
  • Mancanza di qualsiasi riferimento o richiamo alle parti sociali ed alle risorse umane

La Lombardia rispetto all’Italia e confronto con le altre regioni europee. Capitoli 2 e 3
 
L’indagine mette in bene in evidenza il ruolo della Lombardia in Italia, e da qui il ruolo della Lombardia nel contesto europeo, la trovate da pag. 21 a pag. 29, sono dati in parte già conosciuti, in parte da noi già sviluppati nelle nostre pubblicazioni, dati che devono ancora farci riflettere sul potenziale di noi lavoratori in questo contesto.
È interessante ad esempio il fatto che (detraendo il fattore auto) c’è equivalenza e corrispondenza in termini di popolazione, di valore aggiunto totale dell’industria e di valore aggiunto per abitante fra la Renania-Westfalia in Germania e la macro area che comprende la Lombardia sommata a Veneto ed Emilia Romagna.
 
Il capitolo 2.2 ben riporta il peso della Lombardia industriale rispetto all’Italia, e la forza della regione che la rende confrontabile con altre regioni europee intensamente industrializzate.
 
Nel 2013 il valore aggiunto industriale lombardo è stato il 26,7% di quello italiano, mentre in termini di occupazione, la regione assorbe il 23.8% del totale occupati sul territorio nazionale.
 
Quanto ai settori principali in cui sono suddivise le attività economiche la Lombardia tra le prime 20 regione europee è:
  •          1° per Valore aggiunto (VA) industriale;
  •           2° per VA nelle costruzioni, servizi commerciali, Amministrazione Pubblica;
  •          3° per VA nei servizi finanziari;
  •          4° per VA nell’agricoltura.
 
Rispetto alla Germania dove determinante è la grande dimensione di impresa, frutto di grandi aggregazioni, la Lombardia, come il resto dell’Italia, è caratterizzata principalmente da medie se non piccole società manifatturiere, da qui le azioni indicate per cercare di superare questa debolezza.
 
Dallo studio emerge che lo slogan di moda un ventennio fa“piccolo è bello” nel mondo globalizzato non è più vincente e neppure applicabile.
 
Quindi noi lavoriamo e viviamo in una delle maggiori concentrazioni manifatturiere d’Europa con tutte le sue conseguenze; se la Lombardia è un punto di forza per la manifattura in Italia può e deve essere il punto di forza per affrontare la prospettiva di un sindacato europeo.
 
I dati pubblicati in questo capitolo sono ancora la conferma che è da qui che può partire un lavoro sistematico fra i nostri colleghi che porti al rafforzamento della coalizione.
 
Cultura impresa da promuovere, capitale umano, strategia. Capitoli 4,5,6
 
Sono tutti capitoli relativi alle azioni che Confindustria Lombardia intende intraprendere al proprio interno o sul territorio, sviluppo dei cluster partendo dalle esperienze dei distretti industriali, viene molto rimarcata la necessità di creare cultura d’impresa, ma poi il modo per promuoverla ci sembra abbastanza generico, dal punto di vista sociale viene indicato l’aumento occupazionale.
 
Non per essere lapidari ma francamente in questi tre capitoli vediamo proprio i fattori della debolezza dell’impresa italiana compresa quella Lombarda. La cultura d’impresa non si fa con le parole ma con i fatti, non si può voler migliorare la cultura d’impresa e tacere sui salari e stipendi non in linea con gli altri paesi o le regioni europee con cui si fanno i confronti. Non si può fare cultura d’impresa e tacere del primato lombardo negli incidenti sul lavoro, quindi non affrontando il problema. Non si può fare cultura d’impresa e tacere dei giovani laureati che lasciano la Lombardia perché trovano condizioni migliori ormai in quasi tutti gli altri paesi europei.
 
Possiamo affermare che la Germania è il paese europeo dove la cultura d’impresa industriale è più radicata, ma passa attraverso salari fra più alti in Europa, con orario di lavoro fra i più bassi, vedi ultimo contratto dei lavoratori meccanici. Certo in Germania la dimensione stessa delle aziende permette una cultura industriale, attraverso l’influenza nelle associazioni, nella stampa, nella cosiddetta società civile, nelle stesse parti sociali, nei partiti.
 
In Italia come in Lombardia il peso nelle scelte strategiche è condizionato dalla presenza di un grande tessuto di piccole e medie imprese dei “Sciur Brambilla” e del “ghe pensi mi”.
 
Francamente questi capitoli ci sembrano solo per prendere atto di una situazione, con indicazioni molto soft certo non sufficienti ad affrontare un ritardo definibile storico, ci vorrebbe ben altro anche in termini di investimenti, oggi non possibili se non riducendo la spesa pubblica improduttiva. 
 
Internazionalizzazione e network europei.
Il contesto europeo come via d’uscita. Capitoli 7, 8
 
Ci sembra il capito più interessante, con più spunti operativi, capitoli da collegare con i capitoli 2 e 3 relativi al contesto europeo, il titolo è dichiaratamente ambizioso “L’Europa, una svolta per lo sviluppo e la crescita. All’Europa dobbiamo dedicare sempre più attenzione ( … ) una casa comune per fisco, per welfare, per le infrastrutture, per l’energia”. Titolo certo strategico, che da il senso di una visione europeista, ma che spesso si scontra con i non pochi associati che rimpiangono i bei tempi andati pre-euro, con la lira pronta a sostenere la svalutazione competitiva, e che quindi cercano di rifugiarsi nel sovranismo, vedendo nell’Europa non l’opportunità indicata da Confindustria ma vedendone i limiti con la visione dalla propria azienda che non tiene il passo.
 
Da questi capitoli è evidente il tentativo di collegarsi con l’Europa, vedi l’Enterprise European Network (EEN). Tutto il capitolo 7.3 va in questa direzione, con la news letter della settimana 39 abbiamo pubblicato uno dei risultati di questa impostazione, la richiesta all’Europa da parte degli industriali Italiani, Francesi e Tedeschi di un piano industriale da 1.000 miliardi di Euro.
 
Fra le mission viene indicato agire da lobby verso Regione Lombardia e verso l’Europa, quindi dal punto di vista strategico c’è la consapevolezza e viene indicata la necessità di doversi agganciare all’Europa per la sopravvivenza stessa delle realtà industriali.
 
Ruolo attribuito alle parti sociali, risorse umane.
 
Rileviamo che la Confindustria Lombardia ritiene di portare avanti un piano strategico così ambizioso senza alcun confronto con le parti sociali. Certo consideriamo naturale che aziende e rappresentanza sindacale partano da punti di vista diversi, ma su aspetti strategici di questo tipo dovrebbe essere altrettanto naturale cercare un confronto ed eventuali punti di convergenza.
 
Nel piano strategico riscontriamo un approccio che potrebbe avere ragione di esistere in una piccola realtà locale, ma che una grande organizzazione come Confindustria Lombardia trascuri questo aspetto, ci sembra sintomo di arretratezza e quello che più conta controproducente.
 
L’atteggiamento rappresenta anche una mentalità della controparte che si sta diffondendo: ritenere superfluo un confronto con il sindacato. È evidente che un atteggiamento di questo tipo poggia su una crescente debolezza delle organizzazioni sindacali, come abbiamo documentato in altri report del coordinamento, una debolezza che non ci dobbiamo nascondere.
 
Proprio per questo dobbiamo lavorare perché si possa imporre, nelle moderne relazioni industriali, il ruolo delle organizzazioni dei lavoratori per influenzare le decisioni della controparte. Non solo una “voce del lavoro”, ma una voce che i propri datori di lavoro sentano e a cui debbano rendere conto.
 
Pensiamo che la funzione della coalizione dei lavoratori sia necessaria come forza correttrice ed equilibratrice delle inevitabili “storture” che una visione unilaterale determina. Quando i lavoratori si uniscono per negoziare, la bilancia di forza delle decisioni cambia. Questa pratica non è altro che la contrattazione collettiva.
 
I prossimi anni saranno segnati da processi di grande ristrutturazione industriale che coinvolgeranno tutti i settori a partire da quello dell’automobile, della componentistica, della produzione e distribuzione di energia ma anche delle telecomunicazioni.
 
Argomenti chiave come riconversione industriale, difesa del posto di lavoro, il livello dei salari, l’orario di lavoro, la formazione e la salute e sicurezza non possono essere affrontati senza un adeguato riconoscimento del punto di vista dei lavoratori.
 
Dobbiamo prendere atto che invece Confindustria lombarda non propone nulla di nuovo rispetto ai meccanismi arcaici da “padroni delle ferriere”, la visione rimane quella dei bassi stipendi, poco spazio alla contrattazione, ancora il vecchio metodo del creare competizione fra lavoratori. Nella sostanza lo spazio che dicono di voler conquistare in Europa cercheranno di farlo pagare ai lavoratori, sta a noi farle capire che stanno sbagliando.
 
Nella parte finale del report, quando Confindustria definisce il ruolo e la propria mission verso il 2030, richiama la necessità di coordinamento, collaborazione, integrazione tra eccellenze e competenze esistenti.
 
Siamo convinti che queste indicazioni possono essere valide anche per il sindacato: coordinamento, collaborazione e integrazione tra le diverse esperienze, imparare dagli errori e generalizzare pratiche efficaci.
 
Noi agiamo per unire i lavoratori, iscriverli al sindacato, sostenere le RSU e portare avanti rivendicazioni collettive con la prospettiva di un effettivo sindacato europeo: è l’unica via per rafforzare la nostra voce.