Siamo i protagonisti dei successi delle società per cui lavoriamo, eppure siamo poco rappresentati e riconosciuti.
Il Coordinamento Ingegneri e Tecnici si è costituito nel novembre 2015 su iniziativa di un gruppo di colleghi occupati in aziende di importanti settori produttivi con sede a Milano, Torino e Genova. Sono aziende situate in territori che sono “ i cuori pulsanti” dell’Europa e che operano in settori ad alto contenuto tecnologico con una consistente quota di lavoratori qualificati.
Per la nostra professione, noi siamo i protagonisti dei successi delle società in cui lavoriamo, eppure siamo poco rappresentati e riconosciuti. Per molto tempo ha prevalso, permeando anche il modo di pensare dei tecnici e degli ingegneri, l’idea che i cosiddetti knowledge workers fossero un mondo a parte, immune dagli alti e bassi del mercato del lavoro. Ma non è così, i fatti di questi anni si sono incaricati, nella loro crudezza, di smentire questa visione.
Le continue e rapide ristrutturazioni coinvolgono a vario grado tutti i settori. Ingegneri e tecnici sono e saranno massicciamente coinvolti in questi processi. Sentirsi dei produttori comporta anche la necessità guardare la realtà, di chiarirsi meglio le idee circa la propria collocazione sociale e il proprio ruolo nella società. In ogni ristrutturazione anche i tecnici sono soggetti a diventare esuberi, spesso la specializzazione e la formazione rischiano di diventare obsoleti in poco tempo; sempre di più, in definitiva, l’incertezza per il futuro si fa strada anche tra gli skilled worker.
La necessità della coalizione
Non è semplice una quantificazione statistica della componente “tecnica” dei lavoratori proprio in virtù della trasformazione in corso. È chiaro, tuttavia, che emerge ovunque un segmento di lavoratori in crescita. Figure professionali spesso trasversali. Ad esempio, esistono lavoratori informatici inquadrati nel contratto metalmeccanico, ma anche nel contratto bancario nei centri di calcolo di banche e assicurazioni, e magari nelle società di consulenza quindi nel contratto del commercio.
Operiamo in settori interconnessi, ma non esiste un ambito comune dove approfondire insieme le tematiche che, partendo dallo spirito del tecnico produttore, ci possono portare ad alzare lo sguardo sul mondo, per affrontare le contraddizioni che anche nelle nostre professioni sono sempre più evidenti. Riteniamo urgente e utile approfondire questi aspetti, comprenderli e ragionare sugli strumenti necessari per coordinare l’intervento in questo settore.
Abbiamo avviato occasioni per lo scambio reciproco di esperienze tra gruppi di colleghi di diverse aziende. Riteniamo assolutamente necessario dare voce a una vasta categoria di lavoratori sapendo che si deve partire quasi da zero, in quanto le tradizionali organizzazioni sindacali sono su questo piano in molti casi carenti ed in ritardo rispetto alle necessità. Non si tratta di fondare un nuovo sindacato, ne esistono già fin troppi, ma di sviluppare tra i colleghi la necessaria consapevolezza della inaggirabile urgenza della coalizione per agire assieme.
Globalizzazione significa anche che i lavoratori nei diversi settori, nelle diverse imprese e nei diversi paesi si trovano dinnanzi agli stessi problemi. La concentrazione degli ultimi anni ha portato alla formazione di grandi gruppi europei con una forte presenza di tecnici. Quindi la dimensione nazionale non è adeguata, non è più sufficiente per la necessità di una tutela comune dei lavoratori. Divisi e messi gli uni contro gli altri, azienda contro azienda , paese contro paese siamo più deboli. Non è più una questione rinviabile, ci vuole un sindacato europeo, occorre arrivare alla contrattazione europea, a strumenti europei di contrattazione, di difesa del posto di lavoro e delle retribuzioni. Si può lavorare a colmare il ritardo accumulato, in particolare facendo leva proprio sui lavoratori più altamente qualificati che sono ovunque destinati alla crescita numerica. Una parte di loro, con promesse di carriera e premi individuali sarà trascinata su posizioni aziendaliste, ma la maggioranza rischia di trovarsi schiacciata da questi processi. La difficile fase che si preannuncia può far riflettere e indurre a maturare delle scelte, andando oltre la facile lamentela. Si deve iniziare a pensare più in grande, trovare energie e cervelli che si dedichino ad occuparsi in prima persona delle proprie condizioni di lavoro senza l’illusione di poter delegare ad altri.